Notes

2011

April 2011

    • 2011-04-06

      Virginia Woolf

      Comincio qui una serie di appunti, che non avranno argomenti precisi, ma saranno dettati dagli eventi, personali e non, e sui quali mi piacerebbe scambiare delle opinioni. Virginia Woolf è stata una scelta facile, ovvia, sicura, per una donna che scrive, e che non può che guardare umilmente in alto. Conosco persone che hanno visto e rivisto The Hours, il film basato su Virginia Woolf e la sua Mrs. Dalloway, decine di volte. Potrà forse anche fare male, di certo esistono sostanze maggiormente tossiche, ma è un dato di fatto che gli spunti di riflessione e l’analisi di questa scrittrice non smettono di appassionare. Tra l’altro, hanno accompagnato il movimento femminista nel suo cammino. A questo proposito, parecchio è stato fatto, ma guardando ad una parte femminile che riempie oggi le nostre cronache, molto resta ancora da fare. Magari una volta o l’altra, una copia di un libro di Virginia, cadrà per caso da una di quelle ben fornite e raffinatamente estetiche biblioteche di case importanti, e chissà, la curiosità potrebbe aprire un nuovo mondo.


      Una stanza tutta per sé

      “Una donna deve avere denaro e una stanza tutta per sé se vuole scrivere”.

      Che cosa avrebbe dovuto dire al pubblico femminile che l’avrebbe ascoltata nelle due conferenze su Le Donne e la Narrativa? Virginia Woolf pensò che avrebbe parlato della lunga e faticosa strada che avevano dovuto percorrere per arrivare a poter esercitare la professione di scrittrici. Poi raccolse questi due saggi sotto il titolo, A Room of One’s Own, e, ancora oggi, Virginia Woolf morì nel 1941, questo piccolo libro si vende quasi quotidianamente nelle librerie, l’ho potuto verificare di persona riacquistandolo a Londra.

      La sua prima considerazione riguardo il titolo delle conferenze, fu che Women e Fiction, poteva significare Donne e Fantasia, o Finzione, o Invenzione, che sono alcuni dei significati di Fiction; ma naturalmente poteva voler intendere la Narrativa scritta dalle Donne, e ancora, la Narrativa scritta sulle Donne; o forse poteva comprendere i tre significati insieme.

      Perciò decise che avrebbe dato la sua opinione su un aspetto minore - una donna doveva avere denaro e una stanza tutta per sé se voleva scrivere di narrativa - restava da stabilire quale fosse la vera natura della Donna e della Fiction, ma per lei questo problema rimaneva tuttora irrisolto.

      Per secoli, le donne non avevano posseduto denaro personale: prima figlie, poi mogli, madri. Erano sempre dipese da qualcun altro e sempre avevano dovuto occuparsi di molti altri. Se pure avessero guadagnato del denaro, sarebbe spettato al marito di disporne e di gestirlo. Dunque non potevano avere né i mezzi e le opportunità, né il tempo, per disporre di un posto tutto loro dove scrivere, o per decidere di non seguire il destino della famiglia e mantenersi da sole.

      E quale effetto aveva sulla Fiction la povertà del sesso femminile rispetto a quello maschile? Che cosa era necessario per creare artisticamente grazie alla scrittura? Il primo, ovvio, risultato che Virginia Woolf riscontrò visitando il British Museum, fu la mancanza di opere scritte da donne, ma in compenso, la constatazione del numero enorme di libri scritti da uomini sulle donne, “forse il più discusso animale dell’universo”. Donne esaminate da ogni punto di vista: biologico, sociale, morale, medico, psicologico, filosofico. Inoltre ciascun uomo la pensava a suo modo. Tra le tante citazioni della Woolf per illustrare l’opinione maschile sulle donne, riporto quella che scelse di Samuel Butler, “Wise men never say what they think of women”, Gli uomini saggi non dicono mai ciò che pensano delle donne”, che lei commentò, “Wise men never say anything else apparently”, Gli uomini saggi non sembra dicano niente altro in realtà.

      Fino al 18mo secolo, niente si sa sulle donne scrittrici e traccia un bellissimo excursus, attraversando il periodo elisabettiano, Shakespeare, sul quale scrive di una immaginaria sorella, costretta a rinunciare alla sua arte a causa del suo essere donna, vale la pena di leggerlo. Fortunatamente, scrittrici come Jane Austen, le sorelle Bronte, George Eliot (Mary Anne Evans), per vezzo usava uno pseudonimo maschile, avevano spianato la strada, perché anche altre donne, non soltanto solitarie signore aristocratiche, si mettessero a scrivere. Qui Virginia Woolf sottolinea come le opere d’arte non siano mai, singole e solitarie produzioni, ma bensì il risultato di anni di pensiero comune. Non esisterebbe Shakespeare senza Marlowe, o Marlowe senza Chaucer, così come George Eliot deve ringraziare Eliza Carter, che si svegliava presto per imparare il greco, o Aphra Ben, sepolta in Westminster Abbey, una delle prime donne che si poté mantenere scrivendo e alla quale lei si rifà quando dice, “guadagnate 500 sterline l’anno”.

      Se gli scrittori, i poeti, da Flaubert a Keats, hanno incontrato indifferenza nella loro carriera, le scrittrici hanno conosciuto l’ostilità. Per gli uomini che scrivevano, la frase poteva essere “ Scrivi pure, la cosa non mi interessa”, ma per le donne, era “ Scrivere? A cosa può servire la tua scrittura”? Stessa sorte per gli argomenti, che assumono importanza diversa, anche per la critica letteraria e l’opinione comune: quelli “maschili”, come lo sport, o la guerra, sono considerati seri, di valore. Quelli legati ai sentimenti di una donna, leggeri, frivoli. Per questo tante donne scrivevano come avrebbe scritto un uomo, oppure si scagliavano contro di esso per criticarlo.

      In letteratura, ancora per secoli, le donne vengono rappresentate solo in relazione agli uomini. L’amicizia tra donne, o le loro relazioni professionali, dovranno aspettare. Mentre se così fosse stato anche per gli scrittori, Shakespeare avrebbe perso molto senza Cesare e Bruto, Amleto, Lear.

      Virginia Woolf conclude rivolgendosi alle donne che l’ascoltano nella sua conferenza, invitandole a scrivere di ogni argomento, non solo di narrativa, perché i libri si influenzano l’un l’altro, e anche la Fiction trarrà giovamento da trattati di filosofia, o da diari di viaggio, o da studi scientifici. E aggiunge che guadagnare dei soldi, e avere una stanza tutta per sé, significa poter guardare finalmente alla vita reale, e non solo alle pareti di un salotto frequentato da una cerchia ridotta e selezionata di persone. Significa poter vivere libere, trovando il coraggio di scrivere esattamente ciò che pensano, guardando le persone non solo in base alla loro relazioni, ma in relazione con la realtà, che comprende il cielo, o gli alberi, le strade, le città. Poiché, non esiste solo il mondo degli uomini e delle donne, ma esiste un mondo molto più ampio, e nessun essere umano dovrebbe chiudersi alla sua vista. Oggi sono molte le donne che scrivono e guadagnano, forse non sempre esprimono quanto di meglio potrebbero, ma, almeno in alcune parti del mondo, sono libere di “fare”. E se non è tutto, è molto.

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